Berlin, Per forza di levare, Anfora
Anno: 1993-94
Nel 1993, Mari è invitato dallo storico dell’arte Tilmann Buddensieg del comitato scientifico della Königliche Porzellan-Manufaktur di Berlino a realizzare un servizio di porcellana, che nelle intenzioni di questa importante istituzione avrebbe dovuto fare l’ingresso nel terzo millennio, e ad addestrare le maestranze tedesche; per questo motivo, Mari trascorre una settimana al mese per tre anni a Berlino, assumendo la direzione artistica della manifattura.
Il designer accetta l’incarico poiché la KPM è patrimonio della città di Berlino, sostenuta con sovvenzioni pubbliche e non un’azienda di un qualche imprenditore privato; inoltre, ha modo di vivere l’esperienza di una bottega artigiana, la vitalità di un luogo non alienato, presupposto per quell’elaborazione critica che nasce dal sapere di modellisti, decoratori e maestranza.
Le ultime produzioni dell’azienda risalgono agli anni Trenta e sono Urbino (1930) e Urania (1938): Mari avrebbe interrotto il lungo silenzio con l’ideazione di un nuovo servizio da tavola in porcellana, in continuità con la storia della KPM.
Sceglie di non imporre un progetto precostituito ma di elaborare una ricerca complessiva coinvolgendo tutte le competenze aziendali, dai plasticisti ai decoratori, per far sì che gli operai si riapproprino della loro autonomia progettuale. La nuova forma non può che derivare dalla qualità di un segno economico che parimenti denoti l’intelligenza dell’esecutore. Secondo Mari, “fatto con le mani significa pensato con le mani”. La ricerca della forma coinvolge lo studio dei volumi platonici al fine di indagare le potenzialità di articolazione degli archetipi formali; per quanto concerne la decorazione, invece, le prospettive di ricerca hanno tenuto conto delle forme naturalistiche della tradizione KPM con l’aggiunta di altri codici.
Per questo progetto, Mari ha rifuggito ogni compiacimento determinato da un linguaggio autoreferente, e vi ha opposto il rispetto di una serie di livelli funzionali: la versatilità d’uso, le ragioni ergonomiche, la riconoscibilità, l’economicità, la decorazione ma soprattutto l’essenzialità.
Prende così forma il servizio Berlin, che per qualità del disegno, cura del dettaglio e studio attento del processo produttivo emerge rispetto alle forme esistenti: il servizio, infatti, nega:
la ridondanza generale, ove sono possibili tutte le forme e anche il loro contrario, nel loro continuo e inutile riproporsi.
Si oppone con la forza di un disegno senza tempo alla dissoluzione che gli oggetti subiscono, ma nello stesso tempo, con l’essenzialità degli elementi che lo compongono, enuncia una critica radicale verso quelle tendenze del design che hanno smarrito la coscienza della verifica nel sociale della loro ricerca estetica.Gli altri due progetti che realizza con la KPM sono Per forza di levare e Anfora: nel primo caso, i vasi sono frutto del caso, prodotti assestando un colpo di martello su un cilindro di porcellana; nel secondo, la forma nasce a seguito della ricerca sugli archetipi del vaso e l’intervento pittorico sul rifiuto del modello decorativo settecentesco a favore di una grammatica di segni essenziali.